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Ottimizzare le performance delle vacche da latte somministrando la corretta fonte di oligolelementi

I punti chiave di questo articolo

  • Gli oligoelementi minerali a base di solfato possono avere un impatto negativo sulla microflora ruminale, infatti, grazie al loro effetto antibatterico, vengono ancora ampiamente utilizzati nei pediluvi nelle bovine da latte
  • Gli oligoelementi a base di solfato hanno anche un forte impatto negativo sulla flora microbica all'interno del rumine
  • Di conseguenza, possono avere un effetto negativo sulla funzionalità ruminale e sulla digestione della fibra
  • L'uso di fonti di oligoelelenti sottoforma idrossilata garantisce un aumento della digeribilità dell’ NDF da 1,1 a 4,6 punti percentuali rispetto ai solfati
  • Questa maggiore digeribilità dell’NDF può comportare un aumento della produzione di latte da 0,25 a 0,3 kg di latte per ciascun punto percentuale di miglioramento

Ricerche sull’importanza della fonte di oligoementi sulla salute e sulle performance della vacca da latte

I risultati di ricerche condotte da importanti università e da pionieri della nutrizione oligominerale nei bovini da latte suggeriscono che potrebbe essere arrivato il momento di ripensare all'uso degli oligoelementi provenienti da fonti inorganiche nelle razioni per vacche da latte. Il Dr. Scott Fry di Micronutrients presenta una panoramica delle recenti ricerche che suggeriscono che la fonte di oligoelementi in una razione per vacche da latte può avere un grande impatto sulla salute e sulle prestazioni degli animali.

Prima di affrontare le riflessioni relative all’utilizzo dei solfati nelle razioni per le bovine da latte, può essere utile capire come gli oligoelementi a base di solfato siano diventati così ampiamente utilizzati in campo nutrizionale. I nutrizionisti sanno da tempo che integrare le diete delle vacche da latte con adeguate quantità di rame, zinco e manganese è un fattore chiave se si vogliono assicurare agli animali importanti funzioni di supporto come l'immunità, la fertilità, la produzione e il metabolismo. A partire dal 1930, gli oligoelementi sottoforma di ossido divennero disponibili come fonte più concentrata per l’integrazione e furono utilizzati nei mangimi per bovini. Gli oligoelementi sottoforma di solfato arrivarono alla fine del 1940 offrendo ai produttori una fonte di oligoelementi con una maggiore biodisponibilità rispetto agli ossidi.

Sulla base di questa differenza, gli oligoelementi a base di solfato sono cresciuti fino a diventare la fonte primaria di nutrizione di oligoelementi minerali nell’alimentazione delle vacche da latte. Per migliorare ulteriormente la biodisponibilità e l'efficacia della nutrizione oligominerale, nel 1970 vennero introdotte fonti organiche di oligoelelementi (chelati) nelle diete dei bovini da latte. Nonostante le fonti organiche di oligoelementi avessero prodotto migliori risultati, il loro alto costo ha però indotto I nutrizionisiti a rimpiazzare solo una piccola parte del fabbisogno totale di oligoelementi dell'animale (ad esempio il 20% veniva apportato sottoforma organica e l'80% sottoforma di solfato).

All'inizio degli anni 2000, una nuova fonte per l’ integrazione oligominerale per vacche da latte divenne disponibile grazie all' introduzione degli oligoelementi idrossilati.

L'introduzione degli oligoelementi idrossilati nella nutrizione delle vacche da latte

Gli oligoelelementi sottoforma di solfati hanno una elevata reattività a livello ruminale nelle vacche da latte

Gli oligoelementi a base di solfato possono danneggiare la microflora positiva presente nel rumine delle vacche da latte

Una volta dissociati nel rumine, gli ioni di zinco e rame originariamente legati all'interno del sale solfato possiedono proprietà antimicrobiche e possono danneggiare i batteri cellulosolitici che digeriscono la fibra. Al contrario, i minerali idrossilati hanno una struttura cristallina e legami covalenti che li rendono significativamente più stabili e meno solubili. Di conseguenza, la dissociazione nel rumine è minima, rendendo così quasi impossibile il rilascio di ioni metallici liberi nel liquido ruminale.

I “batteri buoni” nel rumine svolgono un ruolo essenziale nel promuovere la digestione della fibra. Essi supportano la produzione di importanti acidi grassi volatili utilizzati dalla vacca per ottimizzare le performance produttive e mantenere il proprio stato di benessere. Se questi “batteri buoni” si moltiplicano e passano dal rumine all’intestino percorrendo il tratto digerente, diventano una fonte essenziale di proteine by-pass di alta qualità per la vacca da latte, fornendo circa la metà delle proteine totali necessarie per la produzione di latte. Pertanto, una fonte di oligoelementi che interferisce con l'attività microbica nel rumine - dove avviene il 90% della digestione - può interferire con le performance e la salute delle vacche da latte.

È noto come gli oligoelementi a base di solfato siano stati utilizzati per decenni nei bagni podali per le vacche da latte grazie alla loro efficacia nel controllare lo sviluppo di alcuni batteri responsabili delle infezioni podali. Sfortunatamente, le stesse proprietà che li rendono così efficaci nei pediluvi possono potenzialmente danneggiare le popolazioni batteriche utili a livello ruminale.

Gli oligoelementi a base di solfato riducono la digeribilità della fibra

È ben noto come l'attività microbica a livello ruminale sia essenziale per una digeribilità ottimale dell’NDF (fibra neutrodetersa). Tale attività supporta anche la produzione di importanti acidi grassi volatili. Per valutare ulteriormente l'impatto della fonte di oligoelementi in questo processo, I ricercatori di diverse università hanno confrontato il modo in cui gli oligoelementi minerali a base di solfato e gli oligoelementi idrossilati influenzano la digeribilità dell’NDF a livello ruminale riscontrando un aumento della digeribilità da 1,1 a 4,6 punti nel caso in cui agli animali fossero stati somministrati oligoelementi idrossilati [2,3,4,5,6] (Fig. 2).

Come suggeriscono la letteratura e i dati, un miglioramento di un punto percentuale nella digeribilità dell’NDF può tradursi in un aumento da 0,25 a 0,3 kg di latte (corretto al 4,0% di grasso)[7]. Pertanto, quando gli oligoelementi a base di solfato vengono sostituiti con oligoelementi idrossilati, le vacche da latte possono aumentare la produzione di latte.

Figura 2, Aumento della digeribilità della fibra (NDF) per gli oligoelementi idrossilati rispetto ai solfati.

References

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  2. Faulkner, M.J. and W.P. Weiss (2017). Effect of source of trace minerals in either forage- or by-product-based diets fed to dairy cows: 1. Production and macronutrient digestibility, Journal of Dairy Science 100:5358-53-67.
  3. Caldera, C.E, Weigel, B, Kucharczyk, V.N, Sellins, K.S, Archibeque, S.L, Wagner, J.J, Han, H, Spears, J.B. and T.E. Engle (2019). Trace mineral source influences ruminal distribution of copper and zinc and their binding strength to ruminal digesta. J. Anim. Sci., 97:1852-1864.
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  6. VanValin, K.R, Genther-Schroeder, O.N, Carmichael, R.N, Blank, C.P, Deters, E.L, Hartman, S.J, Niedermayer, E.K, Laudert, S.B, and S.L. Hansen (2018). Influence of dietary zinc concentration and supplemental zinc source on nutrient digestibility, zinc absorption, and retention in sheep. J. Anim. Sci., 96: 5336-5344.
  7. Oba, M. and M.S. Allen (1999). Evaluation of the Importance of the Digestibility of Neutral Detergent Fiber from Forage: Effects on Dry Matter Intake and Milk Yield of Dairy Cows. J. Dairy Sci., 99:589-596.

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